25 Aprile 2024

Il tasso di inflazione nell’Eurozona a Febbraio 2017 era salito al 2% su base annua, in linea con gli obiettivi di politica monetaria della BCE. Oggi, 2023, supera il 10%.
Significa che siamo in piena ripresa economica ? Neanche per idea.
L’inflazione è soltanto un “indicatore” che però va interpretato. Quando salgono in maniera generalizzata i consumi i prezzi tendono al rialzo perché i produttori approfittano dell’occasione per aumentare i profitti. In questo caso il tasso d’inflazione è un “sintomo” di una ripresa economica fondata sulla domanda. Un’inflazione così motivata ha aspetti positivi, in quanto indicatore di sviluppo, ma anche negativi, perché riduce il potere d’acquisto dei redditi fissi da lavoro o pensione.
La riduzione del potere d’acquisto da inflazione incide sulla domanda e controbilancia la spinta inflattiva, determinando una diversa distribuzione dei redditi e del potere d’acquisto nella popolazione (chi cresce spende di più, gli altri spendono di meno). Ma l’indicatore può cambiare anche sotto l’effetto di altri fattori, ed è questo il caso attuale; oggi come allora l’inflazione non è motivata da un aumento generalizzato della domanda, ma da un aumento settoriale del costo dell’energia, che ha ripercussioni anche sugli altri prezzi, e da un contingente aumento dei prezzi dei generi alimentari freschi, che ha carattere contingente, derivante da temporanea scarsità per motivi climatici.
Sono passati 6 anni e nessun governo europeo ha mosso un dito per mettersi al riparo dalle SOLITE cause scatenanti delle spinte inflazionistiche: VIVA I GOVERNI EUROPEI !

Infatti l’inflazione è pilotata (al rialzo) anche da riduzione dell’offerta, da calo di produttività, da fattori esogeni, come il prezzo di molte materie prime, da eccesso di liquidità in circolazione, oppure da eccesso di offerta (se in discesa) a seguito di innovazione tecnologica.
In ogni caso l’inflazione è la CONSEGUENZA di altri fenomeni economici, NON è la causa diretta questi, salvo prendere in considerazione la svalutazione dei redditi fissi, dei patrimoni liquidi e dei debiti.
In TV l’ignoranza giornalistica arriva invece, talvolta, a far dire che l’inflazione stimola la crescita, e non c’è nulla di più inesatto.

Ma l’inflazione fa anche comodo ai governi ed è una TASSA SUI POVERI, soprattutto, perché svaluta il valore del debito pubblico rispetto al PIL, che viene gonfiato in valore assoluto dall’aumento dei prezzi.
Ora, visto che l’inflazione svaluta anche i patrimoni non immobiliari, oltre ai redditi, dovendo scegliere tra riduzione delle imposte e riduzione effettiva del tasso d’inflazione, su cosa è meglio agire?
Ridurre le tasse ha un effetto immediato; la lotta all’inflazione no, però la riduzione delle tasse riduce le entrate pubbliche, mentre i costi della pubblica amministrazione crescono per effetto d’inflazione.
Quindi?

Altro elemento bizzarro, di queste settimane, è il simultaneo aumento del valore di cambio dell’Euro rispetto al Dollaro, che è cresciuto da meno di 1 $/€ ad 1,08 $/€, oltre l’8%.
In condizioni di inflazione elevata dovrebbe accadere l’opposto: una valuta che si rafforza esprime scarsità relativa di quella valuta, cosa confermata dall’aumento del tasso di interesse della BCE e dalla sospensione del quantitative easing, ma se sul mercato di quella valuta ne serve di più per acquistare il medesimo bene, vuol dire che quella valuta vale meno di prima, non di più.
Invece no: i due fenomeni sembrano viaggiare ciascuno per proprio conto, in aperto conflitto con le regole del mercato, a dimostrazione di come queste variabili siano MANIPOLATE, presumibilmente a favore di qualcuno che ne beneficia.

Ing. Franco Puglia
17 gennaio 2023

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