19 Marzo 2024

RAZZISMO E IMMIGRAZIONE

Si tratta di un tema oggi di grande attualità, da quando i flussi migratori verso l’Italia provenienti dal terzo mondo hanno raggiunto una dimensione importante, con il risultato di cambiare significativamente il panorama umano di molte città italiane. La reazione nei confronti del fenomeno si è subito differenziata sulla base di due fondamentali schieramenti culturali : quello che fa capo ai cattolici ed alle sinistre in genere e quello che fa capo ai nazionalisti, o per essere più specifici, ai regionalisti, visto che questa bandiera è stata sventolata in larga misura dalla Lega Nord.

La parola d’ordine di cattolici e sinistre è presto diventata “accoglienza e solidarietà” mentre sulla sponda opposta si parla di espulsioni ed ora di respingimenti. Da sinistra sono state spesso rivolte accuse di razzismo a chi nutre opinioni diverse sul modo di reagire al fenomeno ed episodi di effettivo razzismo hanno avuto luogo in diverse occasioni, con pestaggi e persino omicidi.
Qui si fronteggiano due culture : una si rifà alla rivoluzione francese, che introduce con forza i principi dell’egualitarismo, principi già propri della religione cristiana ma dimenticati nel corso dei secoli da una Chiesa corrotta dalla ricchezza e dalle commistioni con le case nobiliari del paese.
L’altra cultura si rifà all’individualismo ed al nazionalismo, che pone l’individuo al centro degli interessi di gruppi omogenei eventualmente in conflitto con altri gruppi.
Queste due posizioni appaiono difficilmente conciliabili, soprattutto se si parte da posizioni rigidamente ideologiche, senza entrare nel merito della realtà delle cose.

Il principio egualitario sembra voler cancellare le differenze razziali come se si trattasse di un elemento trascurabile e senza implicazioni di ordine pratico. Ma le razze esistono : il nostro pianeta è ciò che è grazie alla sua incredibile biodiversità sia animale che vegetale, con milioni di specie diverse e con innumerevoli varietà anche all’interno di una medesima specie ; il pollo è una specie animale, ma non tutti i polli sono uguali : ne esiste una enorme varietà ; sono sempre dei polli, ma non sono uguali.
Un cane resta sempre un cane, ha quattro zampe ed abbaia, ma quanto razze canine diverse tra loro !
E non si tratta soltanto di differenze morfologiche, ma anche attitudinali e caratteriali. All’interno di una medesima varietà canina (supponiamo un pastore tedesco) possiamo riconoscere una analoga morfologia ed analoghe attitudini, ma poi ogni individuo è diverso dall’altro e ci sono animali aggressivi e docili, di intelligenza brillante e mediocre, ecc.

Nell’uomo le cose non stanno diversamente : la specie umana è frammentata nelle sue innumerevoli varietà, morfologiche e caratteriali (bianchi e neri, vatussi e pigmei, ecc). Le etnie umane sono migliaia ed a ciascuna etnia corrispondono caratteri somatici propri, una propria formazione culturale storica, un proprio adattamento ambientale, uno specifico patrimonio di difese immunitarie.
Queste differenze sono innegabili ; negarle equivale ad affermare che la terra è piatta ; dire che le razze esistono non significa essere razzisti : significa soltanto riconoscere uno stato di fatto.

Il razzismo si manifesta quando cerchiamo di assumere una specifica posizione comparativa tra razza e razza, affermando ad esempio una pretesa superiorità della razza bianca su quella nera.
Stabilire dei valori comparativi tra individui diversi porta inevitabilmente ad assumere una posizione razzista ; non occorre avere la pelle nera per ricadere in una discriminazione : parlate con un fiorentino e chiedetegli cosa ne pensa di un pisano, o viceversa (e sono entrambi toscani, di identica etnia e con una storia culturale comune).
Questo è il punto fondamentale : le differenze umane esistono, a tutti i livelli, anche all’interno di comunità apparentemente omogenee, e la percezione individuale della differenza determina specifici comportamenti.
Io sono solidale col mio gruppo (la mia famiglia, la mia tribù) e potenzialmente ostile ad altri gruppi perché gli altri gruppi sono potenzialmente concorrenti con il mio spazio vitale di sopravvivenza. La mia ostilità è tanto maggiore quanto maggiore è la percezione della differenza, etnica e culturale.

La cultura religiosa e di sinistra tuttavia mi spinge a rifiutare questo istintivo senso di ostilità, nel nome di un principio di per sé astratto, perché non si basa su un bisogno reale della persona umana ma su un superiore comandamento moralistico.
Il mio bisogno è individuale ed egoistico : voglio mangiare, voglio fare sesso, voglio avere dei figli per riprodurre il mio DNA, voglio un lavoro che mi dia le risorse economiche che mi servono, voglio una casa per me e per la mia famiglia, voglio una tribù di parenti ed amici che mi assista in caso di bisogno, che mi difenda da eventuali aggressioni esterne.
Il resto non mi interessa, a meno che non abbia una funzione nel mio interesse : scopro così che mi servono molte altre persone oltre alla mia tribù, perché la mia tribù da sola non dispone di tutte le competenze e non può darmi tutto quello che mi serve ; per questo motivo accetto la Società, ma con molti paletti : accetto le limitazioni della vita sociale in cambio dei servizi che mi offre.
Tutto questo è realtà obiettiva, ricerca di soddisfazione dei bisogni primari e comportamento conseguente.

Qui si innesta il problema dell’inserimento nella società da parte di individui che non hanno origine nel territorio ma provengono da territori diversi, per clima, cultura e storia. La reazione istintiva delle popolazioni locali non è, come si vorrebbe, di accoglienza (escludiamo le associazioni votate a tale scopo) ma di diffidenza e fastidio.
Qualcuno scopre i vantaggi della cosa : non si trovano più cameriere o badanti di origine nazionale, oppure costano troppo, mentre le filippine sono perfette e ad altre nazionalità ci si può adattare.
Nessun italiano aborigeno vuole più fare il bracciante agricolo, ma i clandestini disperati sono disposti a lavorare in nero per pochi soldi e sono convenienti.
Si crea nel paese una classe di sostenitori più o meno palesi od occulti dell’immigrazione, perché viene scoperto un interesse privato nella presenza di questi individui sul territorio, per fare da serbatoio di mano d’opera a basso costo.
Naturalmente non li vogliamo ai nostri semafori per ripulire la polvere dai vetri, né all’angolo delle strade con le bustine di coca in tasca ; se sono femmine piacenti e offrono sesso a buon prezzo ci può stare, ma finisce qui.
Ma questo non è razzismo ! Approfittare dell’immigrazione per sfruttarla nei lavori più umili non è razzismo ; gridare “clandestini tornate a casa” invece lo è. Le idee sono molto confuse.

La verità è che la nostra società reagisce ai fenomeni storici della nostra epoca senza una visione razionale di come stiano le cose e di che cosa comporti reagire in un modo o nell’altro.
L’immigrazione è diventata un fenomeno di massa, non si tratta di pochi individui che compensano i decessi di quelli già residenti in precedenza, si tratta di una massa crescente di persone che entrano nel paese, con un tasso di riproduzione più elevato degli italiani autoctoni. Entrano nel paese umili lavoratori, ma anche delinquenti incalliti o criminali potenziali, e persino risorse intellettuali, anche se per ora in numero minore.
Recentemente un esponente delle Lega Nord ha lanciato una battuta provocatoria, che è finita subito in cronaca, circa l’opportunità di riservare dei posti sulla metropolitana per i milanesi DOC, vista la preponderante presenza di extracomunitari. Battuta a parte, è vero che andando in metropolitana a qualsiasi ora la percezione è di trovarsi ovunque ma non in Italia, perché gli utenti parlano tutte le lingue, arabo, spagnolo, lingue slave, ecc. La percezione è che la città sia stata spopolata dai suoi abitanti originali a favore di queste nuove popolazioni.
E’ chiaro che le cose stanno diversamente nei centri minori, ma i numeri dell’immigrazione (quella nota) parlano chiaro e sono numeri importanti. C’è chi (a destra) vuole fronteggiare il fenomeno bloccandone lo sviluppo e chi invece si oppone (a sinistra), in nome dei sacri principi oppure di malcelati interessi.

Ma l’immigrazione è un problema serio ! L’Italia è un paese piccolo per i suoi quasi 60 milioni di abitanti ! Le risorse sia territoriali che economiche sono relativamente modeste e comunque limitate ; la crisi strutturale del sistema economico mondiale a base capitalista, attesa dai più attenti osservatori, ma una sorpresa inaspettata per i più, mette in discussione la possibilità stessa di una crescita economica infinita che produca risorse per tutti.
Certo, gli immigrati sono una risorsa perché costituiscono un serbatoio di mano d’opera a costo contenuto, quindi possono favorire la competitività dei prodotti nazionali, ma dimentichiamo che, in compenso, si sta creando un vasto serbatoio di mano d’opera strettamente nazionale, con pretese economiche e normative più elevate, che non trova più una collocazione nel mondo della produzione agricola o industriale; nel migliore dei casi trova posto nei servizi che, occorre ricordarlo, sono sempre un COSTO FISSO per la collettività, non una risorsa per lo sviluppo.

Inoltre la frammentazione del tessuto sociale, già in atto da decenni a seguito dell’inurbamento e del decadimento dei modelli originari di comunità familiare e locale, si sta accentuando drammaticamente grazie alla presenza di gruppi etnici che inevitabilmente costituiscono delle comunità specifiche all’interno della comunità cittadina, a causa delle loro specificità linguistiche, religiose e culturali.

La pretesa “integrazione” di questi gruppi è un ridicolo tentativo di presa in giro da parte di chi non sa o non vuole arginare il fenomeno: si tratta ancora una volta di una affermazione moralistica ed antistorica. Secoli di storia umana insegnano che l’integrazione di culture diverse spesso non si produce neppure a distanza di secoli. Alcuni esempi : la Spagna, dove è stato necessario creare la regione autonoma catalana con giornali in lingua catalana e indicazioni stradali bilingue (catalano + spagnolo) per contenere le spinte autonomiste, mentre nella regione basca i movimenti terroristici su base autonomistica non hanno mai cessato di esistere. Chè dire dell’Irlanda spaccata in due tra cattolici e protestanti, oppure delle popolazioni curde in Turchia e paesi limitrofi. E l’Africa ? Vogliamo dimenticare i conflitti tribali ed etnici che hanno portato a veri e propri genocidi ? Potremmo proseguire, gli esempi non mancano, dalla penisole balcanica all’Asia . E gli ebrei ? Costituiscono da secoli comunità poco visibili ma con forti legami all’interno di tutti gli stati in cui sono presenti ; la loro presenza come comunità a sé stante con una sua specificità religiosa e forti legami economici interni è stata la spina nel fianco di molte comunità nazionali; il Reich tedesco di Hitler ne fece alla fine il capro espiatori di altri problemi tentandone la distruzione fisica col genocidio.

Un minimo di onestà intellettuale dovrebbe fare capire a chiunque che l’integrazione etnica e culturale si misura sull’arco di millenni, non di secoli, mentre le nostre necessità di integrazione si articolano su anni.
Siamo onesti : non c’è integrazione e non ci sarà ; gli immigrati sudamericani si frequenteranno tra loro, gli africani con gli africani, gli arabi con gli arabi, i lombardi coi lombardi.

La domanda è : favorire l’immigrazione oppure ostacolarla o impedirla ?

Favorirla significa inevitabilmente :
a) costituire un tessuto sociale frammentato
b) dissolvere o diluire le tradizioni culturali locali, siano esse gastronomiche, religiose o artistiche
c) creare un crescente numero di meticci per l’inevitabile accoppiamento tra razze diverse, con difficolatà per questi ultimi nel darsi una specifica identità
d) perdita di identità locale e nazionale, già problema annoso in un paese afflitto da passaggi stranieri sul suo territorio nel corso di secoli e politicamente frammentato sin dalla caduta dell’impero romano.
e) Incremento della fascia di popolazione con basso contenuto culturale e civile, a causa della sua provenienza da paesi più arretrati del nostro
f) Sovraffollamento del paese, il cui territorio già mal sopporta lo sviluppo dell’urbanizzazione raggiunto, che non è suscettibile di ulteriori incrementi.
g) Sovrapproduzione di rifiuti e fabbisogno energetico crescente, se la popolazione residente aumenta
h) Progressivo aumento della delinquenza e della conseguente insicurezza sociale, inevitabile conseguenza dell’inserimento di masse di individui in cui una percentuale fisiologica sarà certamente preda della delinquenza.

Il vantaggio della presenza di immigrati sul territori nazionale è invece rappresentato da :
1) mano d’opera a costo minimo per attività agricole stagionali e non
2) mano d’opera non qualificata o poco qualificata, a costo minimo per attività industriali, lavori nocivi e lavori pericolosi o sgradevoli
3) assistenza domiciliare (lavori domestici, badanti) per i benestanti che possono permetterselo
4) soddisfazione delle esigenze di tipo umanitario di chi pensa che si debbano offrire opportunità di vita a chi non riesce a trovarle nel proprio paese d’origine.

Vorrei dire che i vantaggi di cui ai punti 1, 2 e 3 mi paiono scarsamente connotati da motivazioni religiose o di sinistra, in quanto trattasi di vantaggi orientati al profitto di imprese che, diversamente, dovrebbero rinunciare ad esistere oppure dovrebbero produrre meno profitto. Nel caso 3, parliamo di supplenza privata per soli benestanti a funzioni (assistenza) che dovrebbero essere pubbliche ma che non esistono o quasi (salvo volontariato coi suoi inevitabili limiti).
Nel contempo ci troviamo davanti ad una crescente disoccupazione di tipo intellettuale tra individui giovani e meno giovani dotati di una formazione scolare magari scadente, ma apparentemente di valore (anche lauree) e non finalizzata a concrete possibilità di impiego nella società reale, oppure parcheggiata in un apparato pubblico ridondante ai soli fini di costituire un volano di compensazione alla disoccupazione intellettuale.

La crisi economica del 2009 ci porta poi persino alla perdita di quei posti di lavoro a contenuto medio basso che ancora venivano occupati dagli italiani, per cui si verrà a creare il fenomeno della concorrenza a basso livello con gli immigrati, una volta esaurito l’effetto degli ammortizzatori sociali, dove presenti. Già accade in Gran Bretagna.
Il punto 4 è l’espressione di un risvolto ideologico astratto (di stampo religioso o di derivazione marxista) che privilegia la soddisfazione di un principio alle conseguenze pratiche della sua applicazione, dimenticando che tutti i disperati che non hanno i mezzi economici per pagarsi un viaggio regolare con visto turistico oppure uno scafista, restano dove sono, a morire di fame oppure uccisi, ma si sa, occhio che non vede ……

Gli alti principi sono una bella cosa e fanno parte della natura umana, ci distinguono dagli animali e nobilitano la nostra natura mettendo in ombra le nostre bassezze, tuttavia i principi astratti, scollati dalla realtà, producono sempre mostri.
La frammentazione etnografica della società europea che con tanta fatica ha superato in parte le sue divisioni secolari per tentare una difficile operazione di integrazione socio-economica produrrà l’inevitabile disgregazione dal basso di questa comunità, per la dissoluzione del suo tessuto sociale di base. Recenti drammatici episodi in Francia ed Inghilterra prodotti da individui di origine straniera ma ormai di seconda generazione, nati nel paese, dimostra l’inevitabile fallimento delle politiche di integrazione in quei paesi, non solo per gli errori che forse saranno stati commessi, ma perché è il concetto stesso di integrazione ad essere astratto.

L’immigrazione va bloccata con ogni mezzo ; le politiche di integrazione debbono servire a facilitare la convivenza tra aborigeni e cittadini immigrati, comunitari e non, favorendo dove possibile il ritorno di molti ai loro paesi di origine in modo che la parte positiva dell’impronta culturale ricevuta in Europa possa essere trasferita altrove, a vantaggio di quei paesi. Vanno sviluppate nei limiti del possibile le politiche di cooperazione con quei paesi per favorirne lo sviluppo, ma deve finire li.

Per tutti quelli motivati dal punto 4 di cui sopra vorrei anche ricordare una triste ma inevitabile realtà : la ricchezza di cui molti di noi godono è frutto della povertà di altri, sia perché le loro risorse vengono da noi sfruttate a costo contenuto (materie prime) sia perché la loro povertà non fa di loro dei consumatori di risorse (energia e materie prime) e dei produttori di inquinamento. Al mondo siamo forse 3 miliardi di individui : non c’è posto per 3 miliardi di ricchi, nel modo più assoluto.

La catastrofe planetaria prossima ventura è costituita dal progressivo sviluppo dell’Asia (Cina in primis), sviluppo inarrestabile che già ha prodotto carenza di molte materie prime sui mercati, pur nella sua fase embrionale di crescita. Immaginatevi cosa accadrà quando i numeri saranno elevati, quando i cinesi ricchi saranno tanti.

La storia insegna che le civiltà nascono, hanno un apogeo e poi crollano e scompaiono. Il nostro mondo è oggi più complesso, lo sviluppo ha portato ad una strutturazione delle società non così facilmente abbattibile, né sul piano numerico (numero di individui) né politico economico, tuttavia il nostro cammino è segnato, a meno che le varie comunità nazionali non si rendano conto che occorre fare marcia indietro, che la globalizzazione è un mito che riempie le tasche di molti, ma pregiudica il futuro dei più. Al momento fa comodo a tanti (la maglietta cinese per 5 €) ma quando non hai più lavoro ti mancano anche i 5 €.

Chiudere gli occhi di fronte alla realtà aggrappandosi a schemi ideologici non aiuta a sopravvivere; le domande sono brutali :
a) preferisci conservare il tuo lavoro o fare in modo che muoia un bambino africano in meno ?
b) vuoi comperarti tante magliette a 5 € e mantenere i tuoi figli a casa sin che avrai vita o preferisci comperare le magliette a 50 € e che i tuoi figli si costruiscano una loro vita ?
c) vuoi lasciare aperta la porta di casa o imparare a sparare al poligono di tiro ?
Le alternative sono volutamente estremizzate e provocatorie, ma il loro senso non lo è : “mors tua vita mea” dicevano i gladiatori nell’arena di Roma : oggi non è così diverso nella sostanza, è solo più complesso, di comprensione meno immediata. Il nemico si traveste da amico, non è così riconoscibile. La sopravvivenza implica un attento controllo sull’etica, implica la rinuncia all’ipocrisia, il riconoscimento della realtà obiettiva.

Io non mi sento politicamente di destra, ma questo scritto può venire bollato come di destra.
Ma cosa significa essere di destra o di sinistra ?
In origine essere di destra significava essere conservatore : mi stanno bene i valori tradizionali e lo status quo sociale.
Essere di sinistra significava essere progressista : sono aperto ad un cambiamento dei valori tradizionali e voglio cambiare lo status quo sociale a favore delle classi meno abbienti. Chi era di sinistra si riconosceva, in genere, nella sua classe sociale di appartenenza, che non era quella dominante. Analogamente a destra. In nessun caso l’appartenenza ad una classe portava a produrre comportamenti ed atteggiamenti ideologici contrari agli interessi di quella classe.
Ogni comportamento era finalizzato a soddisfare gli interessi di quella classe.

Se io voglio tutelare gli interessi della mia comunità locale e nazionale nei confronti di interessi diversi, da individui provenienti o residenti in altri territori, sono di destra o di sinistra ?
Se voglio promuovere lo sviluppo nazionale, economico e sociale, anche a scapito degli interessi di altri paesi, sono di sinistra o di destra ?
Se voglio ridurre nel mio paese gli squilibri e conflitti sociali facendo in modo che tutti possano produrre un reddito proporzionale alle loro possibilità intellettuali ed alla loro volontà di lavoro, limitando gli effetti più nocivi della concentrazione di ricchezza, sono di sinistra o di destra ?
Se voglio conservare e valorizzare il patrimonio storico e culturale del mio paese, sia esso agronomico, artistico o etnico, sono di sinistra o di destra ?

Franco Puglia
9 Maggio 2009

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