Sulla Sanità, che pesa in maniera preponderante, assieme alle pensioni, sulla spesa pubblica nazionale, si sono levate da sempre voci contrastanti, alcune orientate ad una espansione della spesa sanitaria pubblica, altre a favore di un suo ridimensionamento, ampliando la sfera di intervento della sanità privata.
Ci sono buone ragioni dall’una e dall’altra parte, ma per fare dei passi avanti capaci di produrre miglioramenti qualitativi complessivi senza aggravio complessivo dei costi per la collettività, occorre partire da una premessa fondamentale:
DISTINGUERE TRA LA PROPRIETA’ DEGLI STRUMENTI E LE CONDIZIONI D’USO.
Cosa significa? Lo so, occorre chiarire. Oggi il generico paziente si avvale sia di strutture di servizio di “proprietà” della pubblica amministrazione, sia di strutture di servizio private, siano essi i medici di base o poliambulatori o ospedali privati, che operano in “convenzione” con il servizio pubblico. Prendiamo i medici di base: non sono dipendenti pubblici, ma liberi professionisti, però convenzionati con il SSN da cui ricevono una quota fissa annuale per ogni paziente assistito. Questi professionisti sono “in concorrenza” tra loro, perché il cittadino ha il diritto di scegliere in piena autonomia tra i medici di base disponibili.
Eppure questo servizio non soddisfa il cittadino.
Perché? Perché non sono dipendenti pubblici? E cosa cambierebbe?
L’insoddisfazione dipende dal tipo di servizio che viene offerto, sempre di più burocratizzato e sempre meno medico, con forti limitazioni ai medici nelle prescrizioni di visite specialistiche ed esami clinici, anche a causa di abusi frequenti.
Il problema è di METODO, che trasforma professionisti privati in una sorta di dipendenti pubblici demotivati, perché il numero di assistiti è troppo elevato per ogni medico, ed il tempo che ogni medico può dedicare ai singoli pazienti è troppo poco, ed il numero di pazienti dipende dal rimborso che il medico riceve per ogni paziente.
Quindi è un “problema di soldi” rapportato al tipo di servizio che viene richiesto.
Come si vede l’aspetto della “proprietà” dello strumento di servizio non è qui rilevante, mentre lo sono la modalità di fornitura del servizio e la sua remunerazione.
Per le strutture ospedaliere non è diverso: i servizi ospedalieri hanno dei costi, e qualcuno li deve pagare, in un modo o nell’altro. Chi sia il proprietario delle strutture è irrilevante.
Ciò che conta è la natura del rapporto contrattuale tra struttura e SSN, che ha natura “tecnica”, e non solo economica, e come in tutti i rapporti contrattuali tra fornitore e cliente, richiede un CONTROLLO da parte del cliente, per assicurarsi che il servizio fornito sia quello previsto dal contratto, e in questo caso chi deve controllare non è il medesimo soggetto che usufruisce del servizio.
La pandemia di Covid, con il sovraccarico sulle strutture pubbliche, le sole preparate, poco, ed obbligate a far fronte all’emergenza, ci insegna tuttavia che gli accordi con le strutture ospedaliere non possono limitarsi, come oggi, ad un prezzo/prestazione per un numero limitato di prestazioni, con conseguente accodamento dei pazienti nelle prenotazioni, ma deve esprimersi in una forma diversa, in cui ogni struttura ospedaliera abbia interesse ad acquisire clientela, su base concorrenziale, offrendo il miglior rapporto prestazione/prezzo-convenzionato, senza limiti di ingresso, su una base di convenienza.
E le crisi pandemiche come questa in corso dovrebbero indurre le strutture ad attrezzarsi per fare fronte a questi eventi, sempre su base di convenienza.
Va detto onestamente che le spese sanitarie sono spaventose, e che la mangiatoia sanitaria pubblica e privata è fonte di elevati guadagni, serbatoio di corruzione e sacca di posizioni privilegiate. Metterci mano non è roba da apprendisti stregoni: devi conoscerla a fondo, dall’interno, ed avere la lucidità di analisi per capirne tutti i meccanismi e la volontà ed il potere politici per incidere sul sistema.
Ma si tratta di un’impresa che va intrapresa, perché il sistema attuale fa acqua da tutte le parti, e non solo nel centro sud, visti i limiti delle performance al nord durante questa epidemia.
Ospedali di proprietà pubblica e privata possono continuare a convivere, ma dovrebbero TUTTI obbedire alle medesime regole ed al medesimo sistema di interessi, con una gestione di tipo privatistico, una proprietà privata o pubblica, ed un sistema di regole da servizio pubblico, siano esse strutture a proprietà pubblica o privata.
Ing. Franco Puglia
Milano, 7 febbraio 2021