25 Aprile 2024

Il discorso di Vladimir Putin del 21 Febbraio è stato, come era scontato, in attacco:
«Sono stati loro a scatenare la guerra. La responsabilità di questo conflitto ricade per intero sull’Occidente. Noi abbiamo fatto di tutto per la pace, mentre intanto gli Usa e la Nato addestravano l’Ucraina nazista, loro serva, a combatterci in ogni modo»

Mentire, per il leader russo, è come respirare: fa parte della sua natura di serpente comunista, che ha solo mutato pelle dopo il crollo dell’URSS.

Joe Biden replica da Varsavia:
«Un anno fa il mondo si aspettava la caduta di Kiev che invece resta forte, libera, orgogliosa.
Kiev non sarà mai una vittoria per la Russia, il mondo non si è voltato dall’altra parte.
Le democrazie oggi sono più forti e gli autocrati più deboli».

Retorica in libertà.

La Russia sospende la sua partecipazione al trattato New Start, che limita la produzione e l’utilizzo delle armi nucleari, una reazione attesa, che segue il solco della solita minaccia nucleare, che ha preso la forma della «sospensione» dal trattato di non proliferazione nucleare. E per sottolineare la minaccia Putin ha detto di avere ordinato al ministero della Difesa e all’Agenzia atomica di tenersi pronti a riprendere i test nucleari, quelli veri e non simulati.
«Non seguiremo mai questa strada per primi, ma se lo faranno gli Usa, lo faremo anche noi». dice Putin.

E la minaccia si mostra per quello che è: il bluff di sempre.
Si, perché gli USA non si sognerebbero mai di impiegare armi nucleari contro Mosca, a meno di un attacco nucleare preventivo di Mosca, a cui dovrebbero rispondere in maniera devastante per Mosca.
Infatti gli occidentali potrebbero, volendolo fare, intervenire più decisamente a difesa dell’Ucraina sul territorio ucraino, e sui suoi confini, tagliando i rifornimenti alle forze russe sul campo, ma non avrebbe senso farlo facendo esplodere armi nucleari sul territorio ucraino.

L’altro messaggio di Putin all’Occidente è stato: «Sia chiaro: quanto più a lunga gittata saranno i materiali bellici regalati ai nazisti di Kiev, tanto più noi reagiremo di conseguenza. Perché ormai è in gioco l’esistenza stessa del nostro Paese. La Russia ha progetti di armi che superano come caratteristiche quelle dell’Occidente. Ora dobbiamo iniziare la loro produzione in serie».

Qui il dittatore russo agita lo spettro dell’attacco alleato sul suolo russo, che forse sarebbe il solo modo di dissuadere Mosca dal proseguire in questo conflitto che sta radendo al suolo l’Ucraina, ma non ha toccato ancora il suolo russo. Una guerra tutta a casa degli altri, anche se con una strage di soldati russi su quel terreno.
E cosa significa reagire di conseguenza? Spedire da qualche parte un ordigno nucleare?
La sola risposta occidentale possibile sarebbe trasformare Mosca in un deserto radioattivo, spegnendo in un colpo solo tutte le folli ambizioni del leader russo e dei suoi accoliti.

È seguita l’assicurazione che «la Russia non può essere battuta su un campo di battaglia».
Questo può essere vero, perché c’è sproporzione tra le forze in campo, ed il terreno di scontro è quello ucraino, mentre il suolo russo resta intatto. In una guerra “normale” devi anche poter attaccare il nemico sul SUO terreno, nella misura del possibile.

Manca una analoga risposta occidentale: la Russia NON può vincere questa guerra, perché non sta combattendo soltanto contro l’Ucraina, ma contro TUTTO l’Occidente, che non potrà mai accettare che una parte del territorio ucraino passi sotto il controllo russo a seguito di una sanguinosa guerra di aggressione. Una pace in queste condizioni non è possibile.

Il discorso di Putin è stato la conferma di un metodo e di una direzione su una strada senza ritorno, fondata sulla vittimizzazione del popolo russo, vessato dall’Occidente; con un discorso rivolto soprattutto al proprio interno, l’invito all’unità è stato declinato a colpi di verbi al futuro, faremo, costruiremo, provvederemo, elencando promesse e progetti tutti in divenire, all’insegna della’autarchia più assoluta.
Sono mancati i riferimenti ad alleati importanti come India o Cina, come se la Russia si stesse avvolgendo su se stessa e sulle proprie convinzioni. Faremo da soli e ce la faremo, è il messaggio.
Con toni pacati, senza alcun proclama, tra un annuncio e l’altro di sostegno economico alla società, il presidente ha fatto scivolare nel suo discorso il concetto di guerra esistenziale, dalla quale dipende il destino dell’intera Russia.

Da Varsavia, Joe Biden ha replicato che difendere l’Ucraina significa difendere la libertà.
Neppure il presidente americano ha parlato di negoziati di pace, perché nessuno vede su quali basi si possano immaginare. Oggi, 22 febbraio, a Mosca, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi presenterà al collega russo Sergej Lavrov il «piano di pace» di Pechino, che dovrebbe contenere dodici punti.
Nessuno si fa illusioni in merito: le attese dei russi sono diametralmente opposte a quelle degli ucraini.

Per la prima volta dalla caduta del muro di Berlino, una diversità antitetica e priva di aperture si consolida tra i due campi, in cui la barbara guerra di aggressione russa contro l’Ucraina ha nuovamente diviso il Continente: quello dei Paesi democratici a guida americana, in lotta per la difesa della libertà e il diritto all’autodeterminazione di ogni popolo, e quello di una Russia neo-imperiale, che il suo autocrate chiama a un lungo conflitto diventato esistenziale, chiudendo ogni residuo canale di comunicazione men che mai di dialogo verso l’esterno e alzando i ponti levatoi contro ogni influenza dell’Occidente ostile e degenerato.

Gli americani sono convinti che il conflitto durerà ancora per molto, e nessuno azzarda una previsione.
A Washington pensano che Vladimir Putin sia tuttora convinto di poter piegare la resistenza ucraina, anche se l’armata russa ha crescenti problemi. Tuttavia l’amministrazione Biden ritiene che Putin continuerà a gettare nella mischia truppe fresche, mandandole allo sbaraglio.
La guerra, quindi, potrebbe diventare ancora più sanguinosa.

Ing. Franco Puglia
22 febbraio 2023

1 thought on “IL SIBILO DEL SERPENTE

  1. E mentre i “GRANDI” snocciolano la loro retorica, una parte della popolazione in Occidente INVOCA la pace, ed è il caso definirla proprio come invocazione, da rivolgere a Dio, per chi ci crede, dal momento che la pace implica di poter disporre di condizioni negoziabili da mettere sul piatto di una trattativa, condizioni che non ci sono, e nessuno dei tanti pacifisti da operetta è in grado di formulare alcuna proposta concreta, se non queste invocazioni di stampo religioso.
    E tra i pacifisti regna incontrastata l’ipocrisia, che non dice “me ne frego dell’Ucraina” e non dice che, purché il conflitto si fermi, l’Ucraina deve rinunciare ad una parte importante del suo territorio, consegnandolo per sempre nelle mani dell’aggressore russo.
    No, l’ipocrisia sostiene che occorre avviare negoziati di pace, ma tace sulle condizioni di una pace possibile, che al momento non è all’orizzonte.

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