AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA ED UTOPIA DELL’UGUAGLIANZA
Una riforma voluta dalla Destra ed osteggiata dalla Sinistra. Perché?
E’ facile capirlo: chi si oppone si colloca nelle aree geografiche e/o politiche più deboli del Paese, mentre chi la propone si colloca nelle aree più forti.
Chi produce più reddito vuole devolverne di meno a chi ne produce poco, e chi ne produce poco non solo vuole conservare quello che riceve dallo Stato, ma ne vorrebbe anche di più.
Un conflitto di interessi di per se insanabile.
La sua origine si perde nella notte dei tempi: è il conflitto tra chi detiene potere e ricchezza, per i motivi più disparati, e chi invece si trova in condizioni di debolezza, per infiniti e diversi motivi.
Questa condizione umana, che appare ingiusta, ed astrattamente lo è, tuttavia è biologicamente predeterminata.
Vale per gli esseri umani ma anche nel mondo animale, nel conflitto perenne tra prede e predatori, ad esempio.
In campo umano, ovviamente, si è tentato in forme diverse di accorciare le distanze, riuscendoci in parte, ma solo in parte ed a livello territoriale, certo non a livello globale. Le differenze tra gli esseri umani sono differenze biologiche e culturali, che si riflettono in differenze comportamentali.
E’ naturale ed inevitabile che sia così, e per fortuna. Il destino di ciascuno di noi è parzialmente predeterminato alla nascita, secondo il territorio e quello che offre, secondo la cultura locale ed il censo dei genitori.
Le opportunità non sono uguali per tutti: per fortuna; così il contributo collettivo di ciascuno risulta differenziato, e la somma di contributi individuali molto diversi determina quell’insieme di opportunità che ci ha portato al mondo in cui viviamo, nel bene e nel male. Viviamo in un mondo UMANO, non in un mondo di ILOTI, cloni di una biologia standardizzata capace di ripetere solo e sempre medesmi gesti.
Se si parte dall’accettazione di questa incontestabile REALTA’, negata sino in fondo dal comunismo storico, dobbiamo accettare che ciascuno debba costruire la propria vita basandosi su RISORSE PROPRIE, e non su risorse altrui. “Sue quisque fortunae faber” dicevano i Romani, molto più sapienti dei moderni italioti.
Il divario tra le opportunità di ciascuno, tuttavia, può essere molto ampio, e questo determina invidia sociale.
Colmare in parte questo divario è nell’interesse di tutti, anche dei più fortunati, sia perché induce una maggiore pace sociale, sia perché popolazioni economicamente meno deboli e socialmente più evolute contribuiscono anche alla crescita dei più attrezzati. Il punto cruciale sta in due elementi:
1. La quota perequativa trasferita dai più forti ai più deboli per ridurre il divario economico. Quanto?
2. La piena assunzione di responsabilità di ciascuno nella gestione delle proprie risorse.
Il trasferimento di ricchezza dai più forti ai più deboli deve essere una scelta che compete a questi, non può diventare una pretesa dei più deboli in nome di un diritto che non esiste in natura.
Questo trasferimento di ricchezza DEVE essere conveniente anche per i più forti, deve essere cioè UN INVESTIMENTO per lo sviluppo di popolazioni che poi, in definitiva, ti daranno anche un ritorno economico sotto forma diversa. Gli Inglesi le chiamano transazioni “win – win” dove vincono entrambe le parti, dove ciascuno trae dei vantaggi. Sono le sole transazioni solide e durature.
E l’autonomia “differenziata” ? Questo termine (differenziata) sarebbe da dimenticare. Autonomia e basta, di qualsiasi insieme territoriale che voglia rendersi autonomo su alcune materie, sia come imposizione fiscale locale che come decisione ed allocazione di spesa. Per altre materie la responsabilità di reperire le risorse pubbliche e di fornire i servizi pubblici dovrebbe competere ad un livello gestionale di grado superiore, sino a quello statale.
Le esigenze dei singoli territori sono diverse, per cui la spesa pro capite per singola materia può anche essere molto diversa, ma la scelta deve essere di ordine locale, a carico dei residenti.
Quando invece parliamo di spese a carico di enti pubblici di livello superiore a quello locale, la ripartizione della spesa dovrebbe essere a carico di TUTTI i territori beneficiari, però con oneri proporzionali al reddito medio di quei territori. In altre parole: le spese per la Difesa nazionale sono, e debbono restare, a carico dello Stato centrale, ma il costo della difesa nazionale va ripartito sui singoli territori in funzione della capacità contributiva di ciascuno. NO ALLE TASSE PIATTE, che mettono sul medesimo piano ricchi e poveri.
Allo stesso modo, tuttavia, chi per i motivi più disparati si trova in povertà, non può pretendere di godere dei medesimi privilegi di chi è riuscito ad essere benestante. E vale anche per i territori.
In Italia ci sono innumerevoli borghi praticamente disabitati, dove sopravvivono alcuni anziani, tagliati fuori da rotte commerciali o turistiche, senza opportunità di lavoro locale, senza servizi essenziali, perché una popolazione di poche anime non può sostenere i suoi costi.
Sento blaterare di portare i servizi in questi luoghi sperduti: farmacia, ufficio postale, piccolo supermercato, banca, ospedale … Ma come si fa ad immaginare una cosa simile? Tanto varrebbe prelevare i quattro anziani rimasti e spesarli in vacanza permanente in qualche rinomata località turistica !!! Costerebbe di meno e sarebbero meno isolati.
Insomma, invece di entrare in conflitto sui principi dell’autonomia locale, che sono SACROSANTI, si dovrebbe discutere del DOVE E COME metterla in atto, quali materie lasciare alla responsabilità esclusiva delle amministrazioni locali e quali no.
La Sanità pubblica è certamente uno dei temi sui quali si manifestano le maggiori controversie: si pretendono strutture ospedaliere paritarie tra i grandi centri urbani sovrappopolati del Nord italiano ed i piccoli centri rurali del Sud. NON E’ POSSIBILE !
Torniamo al discorso del villaggio di quattro anime. Le grandi strutture ospedaliere richiedono una dimensione considerevole del parco di utenza per sostenere la loro esistenza. Quindi, se vivi ai margini di queste realtà non puoi pretendere l’equiparazione, ma devi adattarti a quello che le iniziative locali sono in grado di produrre sulla base del parco locale di potenziali pazienti.
Ed i costi sanitari, che sono elevati, vanno sostenuti dai residenti, con una eventuale perequazione laddove si dimostri che il costo pro capite di una assistenza adeguata non sia sostenibile in altri territori.
In Italia accade che nei territori dove il servizio è di peggiore qualità i costi pro capite siano più elevati, e questo NON è possibile: denota sprechi che sono i locali a dover eliminare, non la generosità dei più abbienti.
Ma tutte queste riflessioni non interessano di certo a chi si trova nella fascia debole, e vuole di più a prescindere, e magari senza sborsare un solo Euro in più rispetto ad oggi.
Ed è qui che vale anche la pena di introdurre un concetto cardine di ogni VERA Democrazia: il potere della MAGGIORANZA ha dei limiti: DEVE averli. Se in una città, ad esempio, i ricchi fossero il 20% della popolazione, il restante 80% non può decidere a maggioranza che TUTTE le spese locali siano a carico di quel 20% !!! La dittatura totalitarista si esprime anche mascherata da falsa democrazia.
E questo vale anche per l’Autonomia differenziata: una maggioranza di elettori residente nel centro sud italiano NON può decidere che una quantità di spesa pubblica sia a carico della minoranza, se una tale scelta VIOLA diritti fondamentali delle persone, tra i quali disporre del proprio reddito e contribuire al bene comune in forme eque, non assistenziali, ma di ripartizione proporzionale, solo in alcuni casi perequative.
Ing. Franco Puglia
5 Dicembre 2024