PARLIAMO DEI DAZI AMERICANI

La politica protezionistica del presidente americano è folle, non tanto per l’imposizione dei dazi in se, ma per il COME questa politica viene portata avanti.
Non meno insensata la chiacchierata reazione europea dei dazi all’ingresso delle merci americane. Cerchiamo di CAPIRE !
Un dazio è una tassa doganale che grava su prodotti specifici all’atto dell’importazione in un paese. Sono soldi che paga l’importatore, che vanno a beneficio dell’erario, e che determinano un aumento del prezzo di quel prodotto al consumo.
I dazi hanno lo scopo di compensare gli squilibri determinati dal prezzo all’origine di quel prodotto rispetto al prezzo di un bene di consumo identico o analogo prodotto nel paese di destinazione. Infatti la concorrenza esercitata dal prodotto importato può determinare una perdita di mercato del bene analogo prodotto localmente, con perdita di posti di lavoro e di know how produttivo, se quella produzione addirittura scompare.
La ricchezza di un paese è anche determinata dalla capacità dei suoi abitanti di produrre un REDDITO personale con il quale acquistare i beni di consumo che tutti usano.
Questa capacità di produzione di reddito DEVE essere la più diffusa possibile, altrimenti una parte della popolazione scivola verso la povertà, diventa subordinata a sussidi pubblici e, nel migliore dei casi, consuma meno, avendo meno reddito, e quindi non contribuisce allo sviluppo locale ed alla creazione di posti di lavoro per altri concittadini.
Esiste anche un altro aspetto del problema che non va sottovalutato, e che spiega le politiche folli di Trump: il valore della valuta di un qualsiasi paese è determinato, in buona misura anche se non esclusivamente, dal rapporto tra importazioni ed esportazioni, in termini di valore concreto di scambio. Se un paese produce poco o nulla, il valore della sua moneta locale è irrisorio, e si traduce in una cifra modesta di valuta di scambio internazionale, come il Dollaro, con la quale la popolazione non riesce ad acquistare tutto quello che ha bisogno di importare. Non essere produttivi conduce alla povertà, ed anche se si dispone di ricchezze naturali sfruttabili (petrolio, materie prime, ecc) il controllo di queste fonti di ricchezza riguarda sempre pochi, e la massa impoverisce.
Gli Stati Uniti d’America sono diventati nel corso del tempo un paese sempre meno produttivo e sempre più importatore, anche grazie alla funzione di moneta di scambio internazionale assunta dal Dollaro, che ha consentito agli USA un indebitamento mostruoso per pagare le loro importazioni, senza una corrispondente svalutazione monetaria, che adesso però comincia a manifestarsi. La politica di Trump nasce dalla necessità vitale, anche per un grande paese come gli USA, di tirare i remi in barca, rivitalizzando la produzione locale e riducendo drasticamente le importazioni da tutto il mondo.
Un intervento tardivo, troppo tardivo.
I dazi dovrebbero servire soltanto per quanto detto all’inizio di questo articolo, mentre per le merci che non vengono prodotte nel paese l’importazione dovrebbe essere libera.
Ma quando cominci a non produrre più nulla …
Ecco che qui nascono i dazi selvaggi, indiscriminati, applicabili a qualsiasi merce, volti ad abbattere le importazioni comunque, a qualsiasi costo, di qualsiasi cosa si tratti.
E questo si traduce in un aumento dei prezzi al consumo di TUTTE le merci di importazione, anche di quelle indispensabili, di quelle che entrano a far parte della filiera produttiva locale, che in loro assenza si blocca.
Una politica DRAMMATICA e potenzialmente fallimentare, perché la sostituzione delle produzioni mancanti, o troppo costose, di origine estera è, si, uno stimolo a rimpiazzarle con produzioni nuove locali, ma non è cosa che si possa fare in brevissimo tempo, e serve anche un know how che può essere andato perduto.
Questa politica, per di più condotta da Trump in maniera schizoide, produrrà ingenti danni all’economia americana. L’alternativa sarebbero politiche di stimolo rivolte alle produzioni che si crede di poter rivitalizzare e rendere più competitive, ma è un percorso lento ed in ripida salita, mentre le urgenze sono invece alle porte.
Quindi occorre ammettere che gli USA non hanno molte alternative, Trump o non Trump.
La reazione dei paesi esportatori verso gli USA, invece, con contro dazi sulle importazioni dagli USA, appare a mio avviso scriteriata. La logica che governa queste reazioni è del tipo: perdiamo volumi di esportazione verso gli USA, quindi profitti e posti di lavoro, e quindi dobbiamo ripagare gli americani con la stessa moneta. NO !
No perché se i dazi verso le importazioni dagli USA hanno l’effetto di ridurre le esportazioni americane, il risultato che si ottiene è quello di aggravare il problema che gli USA cercano di stemperare con i loro dazi all’importazione.
Quindi si innesta soltanto una spirale perversa.
Esportare le proprie merci in un altro paese del mondo NON è un diritto: è una concessione di quel paese, che deve tutelare i propri interessi economici e produttivi e non deve consentire una libera invasione di merci di origine straniera.
Lo abbiamo fatto con la Cina e ne paghiamo il prezzo salato: abbiamo perduto un’infinità di produzioni, o le abbiamo gravemente ridimensionate, perdendo posti di lavoro e scivolando sempre di più nell’assistenzialismo senza futuro.
Lo squilibrio nella bilancia commerciale tra due paesi è foriero di conflitti, anche bellici, talvolta. Gli scambi commerciali devono essere fondati sul principio di reciprocità.
Con la reciprocità, cioè con l’equivalenza import/export in termini di valore di scambio, il problema dei dazi non si pone ed i prezzi possono restare a livelli competitivi, negoziando il contenuto degli scambi, in modo che il risultato economico sia win-win , a vantaggio di tutti e due.
Tornando all’Europa, che vantaggio avremmo riducendo le importazioni americane (ma quali?) con dei dazi? Un aggravio di costi sui nostri prezzi al consumo, cioè inflazione, a solo ed esclusivo beneficio delle casse statali, che userebbero quelle entrate come d’abitudine, a spreco. E poi siamo sicuri di poter rinunciare, in toto o in parte, a quel poco che importiamo dagli USA? Parliamo di petrolio e gas naturale, e di quelle armi avanzate che ci servono per rivitalizzare la struttura difensiva europea.
Ma che cosa hanno nella testa i governi europei al posto del cervello?
Ing. Franco Puglia
8 luglio 2025
