27 Aprile 2024

La questione climatica caratterizza, ormai, la nostra epoca, il 21° secolo, ed esprime in forme diverse lo stesso conflitto di sempre, quello tra una destra liberale, orientata a non dirigere lo sviluppo sociale ed economico, da lasciare alle forze di mercato, ed una sinistra dirigista, statalista, dogmatica, determinata ad orientare lo sviluppo sociale ed economico in una direzione precisa, espressione di una idea precostituita del mondo, di come DEVE essere, al di là di come è.

La questione climatica, cioè la percezione diffusa che il clima sia cambiato, e che stia cambiando, rispetto alle esperienze individuali della vita di chi è ancora al mondo, ha assunto caratteristiche ideologiche, e quindi anche politiche, variegate, modulate dagli interessi materiali che si muovono nel sottostante degli orientamenti politici degli stati, che tuttavia non assumono posizioni nette in materia, bianco o nero, ma sfumano la loro adesione al postulato climatico dei gas serra attraverso dichiarazioni di principio e progetti lontani, più che non con interventi effettivi, che incontrano ostacoli pratici insormontabili, sempre più consistenti quanto più il tempo passa.

Ho assistito qualche giorno fa ad una conferenza sul tema, con quattro diversi relatori, tutti professori universitari, inclini a derubricare da ogni responsabilità la CO2, il “motore” dei cambiamenti climatici, secondo la vulgata politico mediatica. Quattro interventi molto diversi tra loro, che aggrediscono la faccenda da angolature diverse, nessuno dei quali, però, osa affondare la spada al cuore del problema, cioè la presunta capacità dell’anidride carbonica, presente in quantità irrisoria in atmosfera (0,042%), di giocare un ruolo sproporzionato nelle dinamiche del clima terrestre.

Il fatto è che i NEGAZIONISTI non hanno vita facile nel mondo universitario, e quindi debbono usare ogni cautela, pesando le parole, per non venire emarginati più di quanto già sono.
Io, di certo, non ho questo problema, e posso dire le cose come stanno, pane al pane e vino al vino, per cui posso affermare che la CO2 non ha alcuna caratteristica speciale, rispetto agli altri gas atmosferici, che le consenta di giocare un ruolo termodinamico superiore al suo PESO effettivo nella composizione dei gas atmosferici. A seguito di quella conferenza ho voluto scrivere alcune paginette di riflessione :

Ciò che emerge dalle mie riflessioni è che sia ormai non più rinviabile uscire dalle caverne e prendere una posizione chiara, politicamente, per distinguere nettamente quali siano le parti in campo, abbandonando ogni ambiguità. Ma non basta, perché su questo terreno la partita è multi miliardaria, e quindi tutti rischiano di farsi molto male, economicamente e politicamente. Serve una VIA D’USCITA

LA VIA D’USCITA

Il Main Stream vuole introdurre nel mercato nuove opportunità d’affari, e quelle delle energie rinnovabili e dell’autotrazione elettrica sono parse nuove opportunità da perseguire e da finanziare.
Ma già si fanno sentire le prime difficoltà di ordine pratico, qualcuno inizia a mollare la presa ed altri rallentano gli investimenti, in attesa di vedere come evolve il mercato.
Bene, uno sbocco possibile è quello di CONCEDERE TEMPO, cosa che si è in parte già fatta, rallentando ulteriormente la messa in atto di politiche dirigiste e mettendo in evidenza l’impatto men che modesto che queste politiche possono avere sugli obiettivi FORMALI di riduzione della CO2 atmosferica e di contrasto ai cambiamenti climatici.
Sino ad arrivare ad una formulazione che subordini gli interventi nei paesi occidentali, maggiori consumatori di energia pro capite, ma non a livello quantitativo su scala mondiale, ad una riduzione quantitativa delle emissioni di CO2 da parte dei paesi che contribuiscono di più in termini quantitativi (Cina ed India) cosa che questi non faranno mai, portandoci al passo successivo.

Il passo successivo consiste nella liberalizzazione delle scelte energetiche, che non derubrica le nuove soluzioni tecnologiche per la produzione di energie rinnovabili e per l’autotrazione, ma le pone a fianco di qualsiasi altra soluzione, lasciando che sia il mercato a decidere dove orientarsi ed in che misura.
Parallelamente andrebbero equiparati i trattamenti fiscali dei diversi produttori di energia, al fine di consentire una concorrenza tra le diverse fonti, equa, non drogata, fondata sui vantaggi economici e non soltanto su presunti impatti ambientali.
Questa soluzione permetterebbe ad ogni paese di orientarsi come meglio crede, in funzione delle proprie caratteristiche socio economiche, portando gradualmente ad uno svuotamento della pulsione popolare verso la svolta verde, che non è una svolta di progresso, nei termini attuali, ma un ritorno al passato
pre-energetico, quello di un mondo povero e deindustrializzato.
Unitamente a questo, va promossa con forza una iniziativa, su scala planetaria, volta alla riforestazione massiccia del pianeta, con l’obiettivo di contrastare i tanto temuti cambiamenti climatici grazie ad un aumento dell’assorbimento di CO2 atmosferica da parte della vegetazione, ed alle modificazioni climatiche locali indotte dalla maggiore presenza della vegetazione, che comporta maggiori precipitazioni, ma meno devastanti, ed un abbassamento della temperatura delle zone ad elevata presenza vegetale, grazie all’assorbimento di radiazione solare da parte della vegetazione.
La riforestazione è bipartisan: accontenta i VERDI e non scontenta gli altri, anzi, può introdurre nuove opportunità d’affari.

Ma il presupposto perché tutto questo accada è che il contrasto alle attuali politiche neoambientaliste assuma una veste politica nuova, ben riconoscibile, a cui poter facilmente aderire.
Una POLITICA DI SVOLTA, che come ben dice il logo di questo progetto politico, abbia un respiro europeo, perché ci sta orientandoci verso la sconfitta socio-economica globale è proprio l’Europa, nella sua attuale configurazione, un’Europa di cui facciamo necessariamente parte ma a cui è indispensabile imprimere una robusta svolta a destra, in senso liberale.

Ing. Franco Puglia






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