28 Marzo 2024

Non ho mai parlato di questo tema, SCOTTANTE, da sempre.
Una condizione, quella carceraria, che in Italia non è mai cambiata.
Ne scrisse prima di me un certo “Cesare Beccaria”, di cui spero si parli ancora nella degradata scuola dei giorni nostri. Non entro nel merito di quanto scrisse il Beccaria, di cui, non esito a dirlo, non ho mai letto il libro, ma meglio così: quello che dirò sarà privo di influenze, anche letterarie.

Il carcere è una pena detentiva a fronte di un reato. Ed i reati non sono tutti equivalenti tra loro, quindi anche le pene non dovrebbero esserlo, e non lo sono, ma il carcere è uguale per tutti, o quasi.
E la pena carceraria è prevista per moltissimi reati, oggi sostituita in alcuni casi dagli arresti domiciliari.
La pena carceraria è a termine, quasi sempre, salvo i casi di ergastolo, per i delitti più efferati.

La nostra Costituzione prevede una funzione rieducativa della detenzione, non del carcere, volta a restituire il condannato DIVERSO da come ha iniziato la detenzione, una volta scontata la pena.
Accade? Si, ma raramente, per motivi facilmente comprensibili:
1. Chi darà lavoro ad un ex carcerato, viste le difficoltà già con la gente comune?
2. Che sbocchi ha un ex carcerato, scontata la pena, se non trova lavoro? Tornare a delinquere.
3. Che tipo di formazione riceve un carcerato frequentando solo persone che hanno commesso dei crimini? Una formazione da criminale, magari peggiore di quella di cui disponeva.

La nostra Costituzione non prevede la VENDETTA DI STATO, e tantomeno quella personale.
Quindi la pena, in teoria, non può avere un carattere punitivo, ma soltanto detentivo, per impedire la reiterazione del reato, sino alla fine del periodo di pena, perché in seguito …
Allo stesso tempo, però, la detenzione carceraria rappresenta una PENA, cioè un corrispettivo punitivo del reato, stante la deprivazione della libertà personale, e le condizioni di vita carceraria certo non confortevoli, anche nel migliore dei casi.
Già qui emerge una vena di ipocrisia: nessuna vendetta ma una punizione si.
Ma se mancasse il movente della vendetta, perché punire e non, semplicemente, rieducare, assicurando al condannato una condizione di detenzione molto confortevole, stimolante, capace di indurre a cambiamenti radicali della sua visione del mondo, restituendolo infine al mondo, RIEDUCATO, scevro da ogni stimolo a compiere nuovi reati?

Siamo onesti: chi subisce un crimine DEVE essere vendicato, e DEVE farlo lo stato in sua vece.
La PUNIZIONE deve essere commisurata al crimine commesso e deve essere dissuasiva a ripetere.
Ora, la carcerazione viene comminata dalla Magistratura anche per crimini che non contengono elementi di pericolosità sociale per l’incolumità delle persone, ad esempio per crimini contro il patrimonio (furti, truffe, ecc). Ma PERCHE?
Se un ladro si appropria di un mio bene, e viene pizzicato, io me ne infischio di una punizione carceraria, che non mi restituisce il bene sottratto o distrutto. Ma va in galera: magra soddisfazione.
No: io vorrei che il ladro PAGASSE IN SOLDONI il suo crimine, con gli interessi, lavorando duro e devolvendo una quota sostanziosa dei suoi reddito per risarcire il danno.
Chiamiamoli pure LAVORI FORZATI, che non significa spaccare pietre con le catene alle caviglie.
Significa lavorare, meglio se facendo quello che sai fare, ma con lo Stato alle calcagna che ti sequestra una parte del tuo reddito per risarcire i danneggiati. Troppo comodo farsi qualche anno di galera a spese dello Stato e poi uscire e ricominciare a delinquere, più e meglio di prima.
Svuotiamo le carceri da questi delinquenti e mettiamoli al lavoro.

Ci sono invece i crimini contro la persona, gli omicidi, le violenze, ecc.
Qui si, qui il carcere è DOVUTO, e la carcerazione, spesso, dura troppo poco.
Se hai ucciso, non accidentalmente, per per tua scelta, o per aggressione violenta e incontrollata, la pena dovrebbe essere la morte, ma se questo non è possibile, allora la carcerazione non dovrebbe avere mai fine: morte civile, se non fisica; ergastolo.
Il fine della carcerazione dovrebbe essere duplice:
a) Vendetta feroce nei confronti dell’assassino (nessuna rieducazione prevista o necessaria).
Il perdono lasciamolo ai religiosi, alle vittime, se così gli piace, ma non allo Stato.
b) Impedire la reiterazione del reato: alcuni soggetti sono intrinsecamente pericolosi. La carcerazione, in questi casi, che faccia seguito o meno ad un omicidio, ha lo scopo di impedire che la violenza ad opera del soggetto possa ripetersi, con o senza conseguenze letali per le vittime.
Quanto può durare una tale detenzione, specie se a carico di giovani o di minori?
Io la definirei ILLIMITATA, nel senso che il soggetto, se non cambia psicologicamente in maniera convincente, al di la di qualsiasi ragionevole dubbio, è bene che non esca mai di prigione, perché, diversamente, costituisce un pericolo per gli altri. Se cambia, invece, va aiutato a reinserirsi nella società. Dopo quanto tempo? Un anno come 50 anni: dipende da lui.
Qui la RIEDUCAZIONE è essenziale e la struttura carceraria NON DEVE essere la stessa in cui sono ospitati criminali incalliti e senza speranza, ergastolani, feroci assassini di ogni risma.

Ogni struttura carceraria DEVE avere una sua funzione specialistica:
a) Detenzione a vita
b) Detenzione di soggetti pericolosi ma potenzialmente recuperabili

E per i delinquenti NON violenti, niente carcere, ma PAGARE DI TASCA PROPRIA CON IL SUDORE DELLA FRONTE, e controllo costante del loro operato: liberi, ma “guardati a vista”, sospensione del passaporto e GPS al polso per essere rintracciabili ovunque, in qualsiasi momento, sino ad estinzione della pena.

Troppo difficile, eh? Meglio sonnecchiare nella nostra inefficienza, con i processi pluriennali, le carceri stracolme, le carcerazioni preventive e tutto il resto.

Ing. Franco Puglia
9 febbraio 2023










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