26 Aprile 2024

Sin dagli albori dell’Umanità ha iniziato a porsi il problema del GOVERNO DEL MONDO, una aspirazione umana che ha del paradossale, specie nei tempi antichi, quando neppure sapevi come fosse fatto veramente il mondo. Eppure, non appena raggiunta una dimensione non trascurabile le comunità umane hanno sempre cercato di espandersi, conquistando nuovi territori e puntando a costruire veri e propri imperi. La Storia ci racconta già tutto, e non è il caso di ripetere qui alcuni esempi.

Ai giorni nostri, nel 20° e 21° secolo, dopo aver raggiunto un assetto quasi stabile delle varie Nazioni sul globo, abbiamo iniziato a porci il problema del mantenimento di questa stabilità raggiunta, con la Società delle Nazioni, prima, e l’ONU, poi, sino ai giorni nostri.
Ma non siamo riusciti ad impedire le guerre, la ridefinizione di alcuni confini, e lo sviluppo di conflitti latenti, talvolta espressi, altre volte no. Il problema è di fondo, e risiede nelle differenze tra gli esseri umani, che qualcuno vorrebbe cancellare, ma che sono una ricchezza del mondo, tra gli esseri umani come tra gli animali e nel mondo vegetale.
E le differenze determinano conflitti, siano esse su base etnica, economica, culturale, o religiosa. Questi conflitti si sviluppano tra territori diversi (nazioni, stati) oppure anche all’interno dei medesimi territori. E vanno governati.

Il POTERE, all’interno delle singole entità statali, ha il compito di contenere i conflitti, assicurando a tutti una condizione di vita pacifica, civile. Ma bisogna vedere CHI lo esprime.
Nei regimi democratici la formazione del potere dovrebbe mediare i conflitti per sua natura, ma non sempre funziona, se i conflitti sono severi. Questo anche per le forme ancora largamente imperfette in cui TUTTE le cosiddette democrazie si esprimono.
Peggio ancora se il governo è di tipo autocratico, dittatoriale.
In queste condizioni i conflitti che si sviluppano in molti paesi raggiungano, prima o poi, condizioni esplosive.

Come evitare che accada e come intervenire se accade?
Abbiamo assistito nel corso degli anni ad innumerevoli interventi esterni sulle crisi gravi in vari paesi del mondo, anche dopo la guerra mondiale del 40..45. Gli americani sono stati tra i principali interpreti di questi interventi, militari, oltre che diplomatici, volti a risolvere i conflitti locali, ma non solo loro (non fatemi elencare gli esempi).
Il risultato è sempre stato men che mediocre, per non dire fallimentare. In parallelo l’organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, ha fatto del suo meglio, cioè ben poco, soprattutto nei momenti di crisi, assicurando solo una presenza di forze militari cuscinetto (peace keeping) dopo la conclusione dei conflitti.

L’ONU non funziona per le sue stesse regole, che prevedono il diritto di veto da parte di alcuni paesi, e per l’assenza di strumenti coercitivi reali, per ricondurre alla ragione i contendenti.
Le difficoltà di intervento dovrebbero suggerire di intervenire principalmente a monte, sulla formazione delle condizioni interne che possono determinare i conflitti. Si tratta di intervenire sulle differenze economiche tra i vari territori, sulle differenze etniche, e su quelle religiose e culturali.

Ciò che occorre combattere è la formazione delle ENCLAVI, di qualsiasi natura esse siano. Le differenze vanno DILUITE nella popolazione. Vale ad ogni livello: nelle nostre città ci sono le case “normali” e le case “popolari” : le prime ospitano chi dispone di un minimo di capacità economica; le seconde ospitano i più indigenti, quelli che non possono acquistare un alloggio né pagare un affitto a prezzi di mercato. Così abbiamo creato enclavi, anche all’interno di una medesima popolazione. Ed all’interno delle case popolari si creano altre enclavi su base etnica, ciò che peggiora la situazione.
Ed il nonsenso è che questa condizione, invece di venire combattuta con ogni mezzo, viene facilitata dalle autorità, per far sentire le persone a proprio agio tra i propri simili e non a disagio tra diversi. Una FOLLIA!

Ormai troppi danni sono stati fatti, ma si può almeno evitare di proseguire su questa strada. Invece no: l’immigrazione, che introduce masse di DIVERSI, non viene ostacolata, e viene propagandata la società multiculturale e multietnica, che è mera astrazione, anche se esempi esistono, mai stabili nel tempo.

Ma lo status quo non si può cambiare, e va gestito. Come?
Intanto ricostruendo completamente le regole dell’ONU, provando ad immaginare un modus operandi che preveda SEMPRE, e senza diritto di veto da parte di alcuno, l’invio di una forza militare di interposizione ovunque scoppi un conflitto locale armato, con risorse messe a disposizione da tutti i paesi che sono d’accordo con l’intervento, e l’astensione di quelli che non lo condividono, ma senza alcun diritto di ostacolarlo. Forza di interposizione vuol dire una forza militare che intervenga parallelamente alla politica per impedire con la forza il confronto diretto tra le parti. Facile a dirsi, molto difficile a farsi, ma o così, o pomì, cioè smettiamo di finanziare l’ONU e limitiamoci alle dichiarazioni di principio come quelle espresse in questi giorni a proposito del conflitto in Ucraina.

L’intervento più importante, però, va fatto a monte del conflitto armato: se esiste un potenziale conflitto interno ad uno stato, oppure una disputa sui confini o sulla appartenenza di alcuni territori ad uno stato o all’altro, occorre intervenire con la sola soluzione possibile, che consiste nell’ampliare una struttura federale esistente, oppure nel crearla, venendo incontro a bisogni ed aspirazioni dei popoli che risiedono in quei territori. Il tutto sotto impulso anche esterno, da parte di paesi amici e dell’organizzazione delle Nazioni Unite, o di organizzazioni di tipo federale a carattere più locale.
I confini nazionali attuali sono spesso inadeguati ad esprimere i bisogni e le aspirazioni dei popoli, e vanno ridisegnati PRIMA che si sviluppino i conflitti, non dopo.
Il problema della Catalogna all’interno del Regno di Spagna dovrebbe dirci qualcosa …

Ing. Franco Puglia

3 Marzo 2022

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