29 Marzo 2024

Non sono la stessa cosa: perché il caro prezzi è stimolato dal caro energia, ma il prezzo dell’energia dipende essenzialmente dalle tasse, più che dal prezzo dell’energia alla fonte. Vediamo la composizione del prezzo della benzina quando costava 1,74 € al litro.
– Le accise: 0,73 €/litro
– L’IVA: 0,31 €/litro
– Il margine dei distributori al consumo: 0,11 €/litro
Totale: 1,74 €/litro

La cosa assurda, da sempre, circa la formazione del prezzo, è che anche se il prezzo della materia prima fosse ZERO, il prezzo della benzina sarebbe comunque di 1,02 €/litro, perché le accise sono fisse (0,73 €) + 0,11 € di distribuzione e siamo a 0,84 € + IVA al 22% e siamo a 1,02 euro. Torniamo al prezzo della materia prima “benzina”, che non è petrolio, ma petrolio raffinato, quindi un prodotto che parte da un prezzo di materia prima che è il barile di greggio, a cui si aggiungono i costi di raffinazione. Se il prezzo di mercato del barile di greggio aumenta del, poniamo, 20%, i costi di raffinazione non cambiano e quindi, a rigore, il prezzo della benzina alla produzione deve aumentare MENO del 20%. Ma naturalmente non sempre funziona così: anche i raffinatori “ci marciano” riversando sul prodotto finito almeno la medesima percentuale.

La stessa cosa accade con lo Stato Italiano:
– Materia prima (la benzina dal produttore) : 0,65 € (+10%)
– Accise: 0,73 €
– Margine di distribuzione: 0,11 €
– IVA: 0,32 €
Totale: 1,81 € (+4%)

Ma il prezzo alla pompa potrebbe anche essere superiore, e non sarebbe giustificato.
Le nostre accise, naturalmente, sono le più elevate d’Europa, con il minimo della Bulgaria, a 36 centesimi. L’altra anomalia è quella di tassare le tasse: infatti l’IVA viene calcolata sul “costo” totale, accise incluse, come se le accise fossero un costo, e non una tassa: si tratta di 0,16 €/litro di IVA, determinata dalla applicazione dell’IVA anche alle accise. Il prezzo del greggio è salito, in un anno esatto, da 58 a 89 $ al barile (+53%).

Il prezzo della benzina (fonte MISE; https://dgsaie.mise.gov.it/prezzo_carburanti_mensili.php)
è passato da 1,42 €/litro (inizio 2021) a 1,76 €/litro a fine Gennaio 2022 (ma adesso siamo intorno ad 1,9 €/l) quindi +24%. In pratica l’aumento del prezzo della benzina riflette per circa il 50% l’aumento del prezzo del greggio. Facendo un calcolo a ritroso abbiamo:

– Materia prima (la benzina dal produttore) : 0,60 €
– Accise: 0,73 €
– Margine di distribuzione: 0,11 €
– IVA: 0,317 €
Totale: 1,76 €

– Materia prima (la benzina dal produttore) : 0,324 €
– Accise: 0,73 €
– Margine di distribuzione: 0,11 €
– IVA: 0,256 €
Totale: 1,42 €

Questi numeri ci mostrano che il prezzo della benzina alla produzione risente in maniera anomala dell’aumento del prezzo del greggio: infatti il calcolo ci mostra un aumento del prezzo della benzina alla fonte pari all’86%, mentre l’aumento del greggio è stato solo (si fa per dire …) del 53%.

Partiamo allora dal prezzo della benzina calcolato in funzione di un prezzo alla pompa di 1,42 € ed applichiamo pari, pari, un aumento del 53%; abbiamo:
– Materia prima (la benzina dal produttore) : 0,496 € (+53%)
– Accise: 0,73 €
– Margine di distribuzione: 0,11 € 1,3357
– IVA: 0,294 €
Totale: 1,63 €

Il prezzo che paghiamo, invece, era di 1,76 € (+8%), e adesso siamo a quasi 1,9 €.
In tutto questo gioca anche il rapporto di cambio fluttuante tra € e $, visto che le quotazioni del greggio si esprimono in Dollari. Appare però EVIDENTE dai calcoli che qualcuno ci marcia in tutto questo caos, come in passato, come sempre.
Ed appare evidente, COME SEMPRE, l’inadeguatezza della burocrazia italiana ad affrontare il caro energia almeno a livello dell’identificazione delle sue cause non manifeste, invece di scaricare tutto, semplicisticamente, sulla crescita, pur abnorme, del prezzo del barile di greggio o del metro cubo di metano. Altrettanto evidente il fatto che, se si scarica su aziende e consumatori questo costo dell’energia, comunque motivato, tutto il sistema economico e fiscale ne risente pesantemente, e la perdita di gettito fiscale che ne consegue può eccedere la perdita di gettito derivante da una correzione strutturale significativa del modo di formazione del prezzo dell’energia, con una riduzione drastica delle accise ed applicando l’IVA al prezzo dell’energia depurato di questa tassa, che va sommata DOPO l’applicazione dell’IVA e non prima.

Nel bilancio dello Stato le entrate attribuibili alle accise rientrano nella voce “oli minerali” che vale circa il 5% delle entrate fiscali (28 miliardi su 524, dati 2019). Probabilmente in questo capitolo delle entrate non ci sono solo le accise, che valgono quindi di meno.
Ora, è tanto difficile immaginare che la perdita di gettito fiscale, se l’economia di tante aziende va a picco, assieme ai consumi, a causa del caro energia, possa superare la perdita fiscale di una riduzione drastica delle accise sui prodotti energetici?
La sola IVA vale (2019) 174 miliardi. Una perdita di incasso dell’IVA anche solo del 10% vale da sola più della metà delle entrate fiscali qui attribuite alle accise.

Eppure abbiamo un Presidente del Consiglio che sarebbe un “economista”….

Ing. Franco Puglia

9 Febbraio 2022

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