19 Marzo 2024

Un modo diverso ed un poco ipocrita di parlare di federalismo, cioè di una struttura amministrativa e fiscale dello stato fondata sull’autonomia dei territori, invece che sul centralismo statale.
Un’istanza ben fondata, ma anche molto ideologizzata, che determina uno scontro frontale tra destra e sinistra, tra elementi di una visione liberale della società e di una visione socialista.
In realtà le cose, in questo ambito, non sono bianche o nere: infatti le differenze di ordine economico e sociale delle popolazioni dei diversi territori determinano uno scollamento del Paese nel suo insieme, se ciascuno fa da se e per se, e basta.

Ma occorre, come sempre, partire a monte, prima di chiedersi cosa fare e perché.
1. Va introdotto e sottolineato il PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’, individuale e di ciascuna comunità piccola come grande a piacere. Nessuno deve poter pensare che il suo benessere sia a carico di ALTRI, chiunque siano, ma deve invece contare sulle sue sole forze. Questo principio va cacciato nella testa delle persone sin dalla prima infanzia, quando si formano le sinapsi. In seguito non verrà mai dimenticato.
2. Va sottolineato il PRINCIPO DI REALTA’, che ci racconta come le persone e le comunità siano MOLTO diverse tra loro, per capacità ed attitudini, e quindi non possano correre alla stessa velocità pur iniziando dai medesimi punti di partenza. Non tenerne conto produce la disgregazione di queste comunità, o l’emarginazione delle singole persone. Se si vogliono far partecipare queste persone e comunità ad una comunità più allargata (la Nazione, lo Stato) occorre perequare, sostenendo le comunità più deboli, ma senza incorrere, MAI, nell’assistenzialismo, senza derogare, MAI, al principio di responsabilità di queste persone e comunità.

Partendo da queste premesse, possiamo introdurre gli elementi successivi:
1. La spesa locale di una comunità DEVE essere, in prima istanza, a carico dell’amministrazione di quella comunità, con un’imposizione fiscale locale, riducendo i contributi statali sino ad azzerarli, per le comunità più produttive, e riducendo, al contempo, la spesa statale complessiva a questo destinata, e quindi le entrate fiscali statali corrispondenti. Il carico fiscale sul cittadino deve essere a somma zero.
2. Lo Stato deve perequare le entrate fiscali disponibili in una comunità, con una destinazione di spesa vincolata, in modo da garantire a tutti un livello minimo comune di servizi pubblici.
3. Lo Stato deve avocare a se tutta la spesa pubblica destinata ad investimenti e gestione di opere di carattere sovraregionale, come tutte le grandi infrastrutture di comunicazione e trasporto di veicoli (strade, autostrade, linee ferrate), di telecomunicazione (dorsali in fibra ottica, ponti radio, stazioni satellitari, ecc), di trasporto aereo (aeroporti), di trasporto di energia e di acqua.
In altri termini: un solo scheletro ed un solo cervello (statale) e tanti organi indipendenti (cuore, polmoni, ecc) con necessità diverse, da integrare tra loro e da alimentare con un medesimo flusso sanguigno, ma senza sostituirsi al loro funzionamento autonomo.

Tra i tanti temi, quello sanitario, che PESA sulla spesa pubblica e rappresenta una infrastruttura complessa, molto più problematica di una strada. Il tema richiede una lunga trattazione a se, data la sua complessità, ma vale la pena di ricordare almeno i suoi elementi di base:
1. Strutture di prossimità ai potenziali pazienti (medico di base o analogo)
2. Strutture di pronto intervento (pronto soccorso ospedaliero o di prima istanza)
3. Strutture ospedaliere ambulatoriali specialistiche e di degenza (private o pubbliche)
4. Strutture di assistenza ai pazienti cronici (per malattia, età o entrambe le cose; RSA ecc)

Questi quattro elementi vanno caratterizzati in chiave funzionale, ma anche logistica.
La presenza territoriale di alcuni deve essere capillare, quella di altri anche no, ma dislocata, comunque, in maniera strategica dal punto di vista dei trasporti pubblici e privati.
Questo scenario va progettato A MONTE, guardando all’esistente, per poi modificare gradualmente l’esistente in modo da avvicinarlo alla configurazione progettata.

La mappa in testa all’articolo ci mostra anche, in maniera sintetica, quanti siano i “territori” italiani, se consideriamo anche le province. Abolite? Non parrebbe, in concreto. Forse svuotate, ma cancellate no.
Se si parla di autonomie bisogna ripartire da qui: una cosa sono gli elementi STORICI che descrivono alcune comunità nazionali, ma altra cosa sono i distretti amministrativi che è ragionevole gestire.
Questo è il PUNTO DI RIPARTENZA, prima di parlare di qualsiasi altra cosa.

Ing. Franco Puglia
15 gennaio 2023




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