GLI EFFETTI POSSIBILI DELLA TRUMPONOMICS SULL’ECONOMIA MONDIALE

Serve la sfera di cristallo ed un medium di elevatissimo standing per prevedere quali saranno gli effetti delle misure protezionistiche di Donald Trump, ma si possono almeno disegnare alcuni possibili scenari, che dipendono da diversi fattori incontrollabili. Il disavanzo commerciale americano continua a crescere e nel 2024 supera i 1200 miliardi di dollari con un aumento di 148 miliardi [+14%] rispetto al 2023.
Il dato si riferisce ai soli beni e merci ed è il risultato di:
- Esportazioni americane 2024: 2080 miliardi di dollari [+ $39MLD; +1.9% rispetto al 2023]
- Importazioni americane 2024: 3300 miliardi di dollari [+ $187MLD; +6% rispetto al 2023]
- Saldo negativo : – 1220 miliardi di dollari
Per tutto il 2024 gli Stati Uniti hanno invece un avanzo commerciale per la parte dei servizi di 293 miliardi di dollari [+ $15MLD; +5% rispetto al 2023] .
Sommando il deficit commerciale di beni e merci con il surplus commerciale della parte relativa ai servizi, abbiamo che nel 2024 la bilancia commerciale complessiva degli Stati Uniti chiude con un disavanzo commerciale di 927 miliardi di dollari. Nel 2023 il deficit commerciale USA era stato di 773.4 miliardi di dollari.
Fonte: Bilancia Commerciale degli Stati Uniti
Anche per un paese come gli USA si tratta di un disavanzo cospicuo.
Deficit con i maggiori partner commerciali degli USA per l’anno 2023
[dati in miliardi di dollari relativi alla sola bilancia commerciale di beni e merci]
Nel 2023 la bilancia commerciale americana mostra un saldo negativo con tutti i maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, ovvero Cina, Messico, Canada, ed il blocco dei paesi dell’Unione Europea.
Cina + Hong Kong: -273
EU: -236
Messico: -172
Vietnam: -123
Irlanda: -87
Germania: -85
Taiwan: -74
Giappone: -68
Corea: -66
Canada: -63
India: -46
Thailandia: -46
Italia: -44
CH: -38
Malesia: -25
Bilancia Commerciale Stati Uniti – Europa per il 2024
[dati in milioni di dollari]
– Esportazioni: 370.189,2
– Importazioni: 605.760,4
– Saldo: -235.571,2
Principali categorie di prodotti importati dalla Cina negli Stati Uniti
– Smartphone: Una delle principali categorie di importazione
– Sistemi di automazione digitale
– Giocattoli
– Console per videogiochi e relative parti
– Sistemi di trasmissione multimediale
– Batterie al litio: per dispositivi elettronici portatili e veicoli elettrici.
– Monitor: Schermi utilizzati in computer e altri dispositivi elettronici.
– Farmaci pre-dosati: medicinali confezionati in dosi pronte per l’uso.
– Accessori per computer e altri processori di dati: Componenti e periferiche per computer.
– Prodotti in plastica: Una varietà di articoli realizzati in plastica per vari usi.
Principali categorie di prodotti esportati dagli Stati Uniti verso la Cina
– Semi oleosi e cereali: soia e mais, per l’alimentazione umana e animale.
– Petrolio greggio: petrolio non raffinato verso la Cina.
– Gas naturale liquefatto (GNL): gas naturale raffreddato in forma liquida per il trasporto.
– Circuiti integrati: componenti elettronici essenziali per vari dispositivi tecnologici.
– Automobili: veicoli prodotti negli Stati Uniti esportati nel mercato cinese.
L’esportazione di servizi dell’America verso il resto del mondo
Nel 2023 gli Stati Uniti hanno avuto un avanzo pari a 278.4 miliardi di dollari nella bilancia commerciale relativa alle esportazioni ed importazioni di servizi. Storicamente, gli Stati Uniti hanno sempre avuto una bilancia commerciale in avanzo per ciò che riguarda la parte servizi.
Una parte importante della bilancia commerciale è composta dai servizi e poiché le economie moderne sono sempre più orientate ai servizi, questa parte della bilancia commerciale riveste un’importanza fondamentale per il commercio estero degli Stati Uniti.
– Esportazioni: 1.026,6
– Importazioni: 748,2
– Saldo: +278,4
DATI OSSERVATORIO ECONOMICO DEL GOVERNO ITALIANO
Scambi Commerciali (USA) – aggiornato al – infoMercatiEsteri – www.infomercatiesteri.it
A)
Export italiano verso gli USA | 2022 | 2023 |
---|---|---|
Totale (mln. €) | 65.110,3 | 67.258,02 |
Variazione (%) | 31,9 | 3,4 |
Merci (mln. €) | 2022 | 2023 |
---|---|---|
Prodotti dell’agricoltura, pesca e silvicoltura | 114,59 | 105,74 |
Prodotti delle miniere e delle cave | 33,47 | 30,16 |
Prodotti alimentari | 3.995,49 | 4.038,91 |
Bevande | 2.541,74 | 2.559,89 |
Prodotti tessili | 591 | 485,61 |
Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) | 2.505,26 | 2.351,78 |
Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili | 2.824,56 | 2.747,47 |
Legno e prodotti in legno e sugheri (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio | 208,37 | 176,9 |
Carta e prodotti in carta | 428,8 | 249,57 |
Prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati | 1,62 | 0,55 |
Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio | 2.818,95 | 2.351,07 |
Prodotti chimici | 2.735,55 | 2.896,89 |
Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici | 7.240,38 | 8.018,62 |
Articoli in gomma e materie plastiche | 957,45 | 874,03 |
Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi | 1.729,13 | 1.558,98 |
Prodotti della metallurgia | 2.181,54 | 2.052,76 |
Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature | 2.106,91 | 2.123,6 |
Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misura e orologi | 1.827,13 | 1.910,46 |
Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche | 2.399,99 | 2.544,03 |
Macchinari e apparecchiature | 11.130,67 | 12.392,8 |
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi | 4.762,71 | 5.780,3 |
Altri mezzi di trasporto (navi e imbarcazioni, locomotive e materiale rotabile, aeromobili e veicoli spaziali, mezzi militari) | 5.895,23 | 6.148,89 |
Mobili | 1.773,83 | 1.588,78 |
Prodotti delle altre industrie manufatturiere | 3.781,31 | 3.867,49 |
Altri prodotti e attività | 523,19 | 401,82 |
Elaborazioni Ambasciata d’Italia su dati Agenzia ICE di fonte ISTAT. |
---|
Import italiano dagli USA | 2022 | 2023 |
---|---|---|
Totale (mln. €) | 24.903,83 | 25.172,56 |
Variazione (%) | 57,6 | 1,1 |
Merci (mln. €) | 2022 | 2023 |
---|---|---|
Prodotti dell’agricoltura, pesca e silvicoltura | 867,32 | 897,09 |
Prodotti delle miniere e delle cave | 7.579,57 | 7.083,88 |
Prodotti alimentari | 172,99 | 178,34 |
Bevande | 234,63 | 257,87 |
Prodotti tessili | 51,31 | 50,45 |
Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) | 104,53 | 117,81 |
Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili | 161,31 | 152,67 |
Legno e prodotti in legno e sugheri (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio | 76,73 | 47,41 |
Carta e prodotti in carta | 434,18 | 349,09 |
Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio | 405,95 | 532,92 |
Prodotti chimici | 1.667,87 | 1.723,62 |
Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici | 3.639,37 | 4.351,29 |
Articoli in gomma e materie plastiche | 236,36 | 256,87 |
Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi | 162,62 | 177,43 |
Prodotti della metallurgia | 1.835,42 | 1.213,75 |
Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature | 243,77 | 298,03 |
Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misura e orologi | 1.269,15 | 1.411,25 |
Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche | 533,11 | 582,68 |
Macchinari e apparecchiature | 1.888,09 | 1.931,91 |
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi | 289,9 | 405,74 |
Altri mezzi di trasporto (navi e imbarcazioni, locomotive e materiale rotabile, aeromobili e veicoli spaziali, mezzi militari) | 1.427,3 | 1.510,49 |
Mobili | 12,35 | 16,67 |
Prodotti delle altre industrie manifatturiere | 582,76 | 629,9 |
Altri prodotti e attività | 1.026,95 | 994,34 |
RIFLESSIONI
I numeri reperibili dalle varie fonti spesso non sono di molto aiuto per una analisi volta a disegnare possibili scenari, e talvolta anche i numeri sono contraddittori, secondo le fonti, quindi possono non essere attendibili.
Detto questo, alcune osservazioni preliminari:
1. Il disavanzo commerciale USA verso TUTTI i paesi del mondo, nessuno escluso, ci racconta un paese che vive a debito, oppure stampando dollari. Infatti per acquistare le merci servono SOLDI; da dove provengono?
Negli scambi con l’estero provengono solo e soltanto dalle esportazioni: vendi per X miliardi di $ ed acquisti per Y miliardi di $. Se Y vale più di X, ti devi far prestare dei soldi da qualcuno, o li devi stampare.
Non è diverso da quello che riguarda i singoli privati: non puoi spendere più di quello di cui disponi.
Se ti limiti all’indebitamento, questo può solo crescere all’infinito, se sei sempre in disavanzo commerciale complessivo. Siccome questo non è possibile, devi anche stampare la tua valuta, immettendo liquidità sul mercato. Se lo fai, la valuta perde valore; più lo fai e più si svaluta, e più ne devi stampare per acquistare le stesse merci, oppure devi indebitarti ancora.
In queste condizioni l’inflazione interna sale alle stelle, e ne sanno qualcosa molti paesi del mondo.
Vale per tutti, ma non per gli USA, sino ad un certo punto. Infatti la moneta americana è anche la moneta di scambio principale per le transazioni commerciali su tutti i mercati del mondo.
Cosa comporta? Che la liquidità in dollari è sparpagliata in tutto il mondo, non soltanto negli USA, e questo determina una inflazione USA ridotta, non proporzionale alla liquidità mondiale in dollari.
Ma anche a questo c’è un limite, e pare che gli USA lo abbiano raggiunto.
2. La politica di Trump vorrebbe riequilibrare la bilancia commerciale degli USA col mondo intero.
Significherebbe frenare l’espansione monetaria in dollari, sino ad azzerarla, e frenare con lei inflazione e svalutazione della moneta americana, potenziale, perché sino a ieri non verificata, grazie al meccanismo descritto al punto 1. Ed ecco il paradosso: la politica di annuncio dei dazi ha fatto crollare il valore del dollaro verso tutte le valute, non perché indicativa di una espansione della liquidità mondiale in dollari perché, anzi, induce il suo opposto, ma perché abbatte la prospettiva di raccolta mondiale di dollari in funzione di un calo atteso delle esportazioni verso gli USA, e non solo. Raccogliere meno dollari, anzi, dovrebbe stimolare la crescita del valore del dollaro, ma se i paesi esportatori subiscono un crollo delle loro esportazioni grazie ai dazi, le loro economie vanno in crisi, i redditi da esportazione calano, e cala anche la domanda di dollari per acquistare merci sui mercati esteri, americani e non.
Se crolla il commercio mondiale a cosa servono i dollari? A niente.
Ed il timore di un crollo del commercio mondiale e della produzione emerge chiaramente dal crollo dei valori di Borsa su tutti i mercati: se le aziende producono meno, cala la redditività, cala il loro valore azionario.
Un dollaro debole aumenta il costo delle importazioni per gli americani, anche senza bisogno di dazi.
Aggiungiamo i dazi, ed ecco che importare qualsiasi cosa negli USA costa troppo: o disponi di un reddito molto elevato, e te ne freghi, continuando a comprare, o rinunci. Ed è quello su cui conta Trump: compra americano, non le produzioni straniere; produci in America. Facile a dirsi, ma non a farsi: se è vero, e lo è, che gli USA importano per 3300 miliardi di dollari, anche se esportano per 2080, le merci di quei 3300 non sono le stesse di quei 2080,
se non in piccola parte. Quindi ti mancano tremila miliardi di merci che il mercato americano consuma ogni anno.
Gli USA possono sostenere senza danni un buco di tali dimensioni? NO. Possono colmarlo rapidamente con produzioni nazionali? NO ; ci vogliono anni. Quindi continueranno ad importare quelle merci, dazi o non dazi? SI, nella misura del sostenibile, magari rinunciando ad altri acquisti che, ohinoi, potrebbero essere di produzione nazionale ! Certo, ci sarà un inevitabile calo delle importazioni, e quindi del disavanzo della bilancia commerciale, e se gli altri paesi del mondo non reagissero con contromisure, si potrebbe persino arrivare al pareggio, ma …
Ma a che prezzo ? Al prezzo di un impoverimento massiccio degli americani, al prezzo di un vero e proprio crollo del PIL americano, al prezzo di una inflazione mai sperimentata prima, salvo forse nel 1929. E non solo questo.
Alcuni dei dati pubblicati ci mostrano come le importazioni, negli USA come in ogni paese del mondo, entrano a fare parte integrante anche delle produzioni nazionali, nella componentistica.
Significa che anche i prodotti nazionali diventeranno più costosi perché saranno costretti a pagare dazi sui loro acquisti esteri, e prodotti più cari, perché acquistati con un dollaro svalutato, con costi aggiuntivi che riverseranno sui loro prodotti, che diventeranno meno competitivi sul mercato interno, costi compensati solo in parte dalla svalutazione del dollaro in chiave di esportazione, e comunque con la conseguenza di un impoverimento complessivo della popolazione americana. Altro che sogno americano … questo è un incubo !
Le produzioni americane, contaminate da componenti di importazione resi più cari dai dazi e dalla svalutazione del dollaro, perderanno di competitività, e le produzioni estere importate negli USA potrebbero recuperare competitività, nonostante i dazi, a condizione che la moneta del paese in cui vengono prodotte si allinei alla perdita di valore del dollaro, azzerando l’effetto dei dazi su alcune merci. Non varrà per l’Europa, ma per alcuni paesi del mondo e per alcune merci si.
3. L’intreccio di tutti questi elementi conduce ad una matassa economica inestricabile, di cui potremo solo vedere gli effetti nel concreto degli andamenti economici, valutari e finanziari.
Si tratta di un terremoto interamente fuori dal controllo politico ed economico americano, che sta sconvolgendo equilibri faticosamente costruiti nel corso del tempo, equilibri anche perversi, che andavano certamente ripresi,
ma non facendo crollare l’intero edificio per poi ricostruirlo.
LE STRATEGIE DI UNA REAZIONE EUROPEA
L’Europa sotto schock cerca di mettere insieme i cocci per immaginare una risposta comune al terremoto prodotto dalla trumponomics. Vediamo quali sono gli strumenti disponibili:
1. Imporre dazi generalizzati, come contromisura, sulle importazioni europee dagli USA.
Una misura che mi pare poco efficace e certamente dannosa per noi, in quanto risponde ad un errore con un analogo errore. Quando si vuole colpire qualcuno non si colpisce a casaccio, ma mirando a parti vitali. Quindi si debbono individuare le esportazioni americane più remunerative per loro, e colpire solo quelle. Per prima cosa mirerei ai servizi, quelli sui quali la bilancia commerciale americana è in attivo, ed in parallelo cercherei di mettere in piedi servizi europei sostitutivi, forse più facili e rapidi da realizzare rispetto ai settori manifatturieri o dell’energia.
2. Svalutare la moneta europea per riequilibrare il rapporto di cambio con gli USA, allineandosi, così da non aggravare gli ostacoli già introdotti con i dazi.
Una misura non difficile da mettere in atto, specialmente in questo momento, perché basta dare briglia sciolta ad un indebitamento europeo volto a sostenere, ad esempio, il riarmo per la difesa europea ed il sostegno all’Ucraina. L’indebitamento, se importante, svaluta la moneta, e conserva il valore di scambio sui mercati, almeno sino a quando comanda ancora il dollaro. Significa che non induciamo inflazione interna se non da aumento dei prezzi di importazioni da mercati esteri che non si allineassero al ribasso verso la moneta americana.
Non dimentichiamo che le materie prime si negoziano in dollari, petrolio in testa, e quindi l’allineamento al dollaro non altera i nostri costi di importazione. Non farlo ci darebbe dei vantaggi sui costi di importazione delle materie prime, ma sarebbe un vantaggio limitato. Avere maggiori disponibilità di spesa interna, invece, stimola l’economia a recuperare le perdite derivanti dal calo delle esportazioni verso gli USA. In questo momento mi appare una scelta prioritaria, che non piacerà ai tedeschi, per un preconcetto radicato, valido in se, ma non opportuno in questo momento.
3. Negoziare le condizioni di un riequilibrio della bilancia commerciale con gli USA mirando a scambi in condizioni di reciprocità, individuando i prodotti/servizi su cui intervenire, in entrambe le direzioni.
Un percorso che vale la pena di cercare di seguire, il cui esito dipende dalle fantasie malate dell’amministrazione americana, non soltanto da noi europei, e che richiede negoziatori competenti, preparati, con dovizia di dati economici a disposizione.
4. Riorientare le attuali esportazioni dirette negli USA verso altri mercati del mondo.
Certamente si, anche questo, ma non è facile, e neppure immediato, e quello che va bene agli USA come prodotto/servizio acquistato oggi può non essere di alcun interesse per altri mercati.
Quindi efficacia limitata e non prevedibile. Una reazione normale per le aziende esportatrici verso gli USA,
da lasciare all’iniziativa delle aziende, assistendole con misure creditizie all’esportazione.
5. Intervenire in chiave geopolitica sui mercati mondiali isolando gli USA ed aggravando le loro difficoltà economiche.
Questa è una strategia di tipo bellico, che l’America di Trump oggi si merita, e che potrebbe toccare molti nervi scoperti di questo paese. Una strategia che richiede competenze politiche ed economiche che non paiono molto diffuse, e non si manifestano apertamente nei vari governi europei.
Nei momenti difficili servono piloti di qualità, ma dove sono? Inoltre i problemi americani sono anche problemi comuni all’Europa, che ha perduto e perde in continuazione competenze e capacità di produzione verso la Cina ed altri paesi del mondo. Il problema americano è anche il NOSTRO problema, sin qui mai affrontato.
Mentre, da un lato, dobbiamo fronteggiare gli USA, dall’altro dobbiamo fronteggiare gli altri paesi del mondo, cercando di ricostruire la NOSTRA capacità produttiva perduta e di riequilibrare le NOSTRE bilance commerciali verso il reso del mondo. La globalizzazione selvaggia ha fatto danni immensi ai paesi occidentali, pur favorendo, ed era necessario per tutti, uno sviluppo del terzo mondo, ma adesso occorre frenare, non alla Trump, ma frenare e ripartire su basi diverse, seguendo la stella polare del “principio di reciprocità” negli scambi internazionali ed il principio delle “produzioni a carattere strategico nazionale” da non abbandonare mai.
Ing. Franco Puglia – 4 aprile 2025